Acquaponica, Idroponica e Vertical Farming: cosa è necessario sapere
- Pollicini Verdi
- 28 set 2022
- Tempo di lettura: 5 min
Idroponica, acquaponica, vertical farming: si o no?
Le Vertical Farm e il diffondersi della produzione alimentare con idroponica e acquaponica, per noi è no. Un no cosciente e sensibile.
Il primo no è per il massiccio impiego di denaro, energia, tecnologia e materiali, molti non recuperabili o riciclabili. Per realizzare questo tipo di impianti di produzione (non la chiamiamo coltivazione, perché ha come finalità una circolarità chiusa, che mira alla veloce generazione di prodotti per soddisfare un mercato che chiede sempre più cibo e vendita ai fini della ricchezza, non alla cura della Terra) occorrono ingenti capitali, il che la rende appannaggio di sistemi economici che mirano al profitto e non a una ecologia degli scambi con il territorio.
Il secondo no è perché non sempre ciò che si presenta come sostenibile economicamente lo è poi per la tutela del territorio, del suolo e della biodiversità degli ecosistemi. Per realizzare gli impianti (come accade per esempio per la realizzazione dei "parchi solari" aree di terreni enormi votate a ospitare pannelli e destinate a diventare deserto) vengono utilizzate porzioni di terreni che potrebbero essere rigenerate e riforestate attraverso pratiche ecologiche vicine alla natura e impoverite a causa dell'abbandono e dello sfruttamento. La moltiplicazione e l'estensione di queste realtà sta aumentando e al momento il rallentamento è dovuto solo al fatto che il "prodotto" non è validato come "biologico".
La tutela della biodiversità di cui si fregiano questi progetti impianti non è reale: le piante sono ibride e da manipolazione genetica perché più resistenti, le popolazioni di animali sono regolate dalla mano umana: in natura se l'uomo scompare la terra, se non è stata compromessa dallo sfruttamento umano, si riprende spazi ed equilibri. Questi impianti invece sono totalmente dipendenti dal controllo umano. Una forma di antropizzazione vestita da sostenibilità.
Ma soprattutto perché - nell'acquaponica - si rinchiudono animali in vasche per essere usati ai fini nella produzione o per diventare a loro volta cibo unendo il settore degli allevamenti ittici a quella della produzione di ortaggi, nell'idroponica si usano materiali di che una volta usati non sono più riciclabili e non riutilizzabili, nel vertical farming l'uso dell'energia elettrica e dominante e la mancata esposizione agli elementi naturali genera prodotti senza quell'arcobaleno di proprietà organolettiche che ha un frutto nato dalla terra sana e nutrita.
Riportiamo un estratto da un articolo di documentazione :
"Quali sono i punti deboli del vertical farming?
Tra gli svantaggi della vertical farm al primo posto c’è il costo di realizzazione dell’impianto. Parliamo di milioni di euro. Il che significa che se queste tecniche fossero applicate su larga scala, solo potenti big company avrebbero il controllo dell’agricoltura, che per secoli è stata una delle poche fonti di sostentamento di popolazione povere.
Quando si parla di sostenibilità ambientale si dimenticano le emissioni di CO2 e di gas serra causato dell’elevato uso di energia per produrre/costruire/gestire le serre. Ed inoltre, poi bisogna smaltire i substrati utilizzati o esausti e altri materiali utilizzati nelle serre, che con questo tipo di coltivazione sono spesso difficili da riciclare.
Altro punto critico è l’esigenza di disporre di acqua di buona qualità, ovvero non contaminata e non salina. Ricordiamoci che l’acqua è una risorsa sempre più pregiata.
Il rischio di contaminazione dell’intera produzione di una serra verticale, per quanto molto basso, non è nullo e in alcuni casi sono state rilevate contaminazioni da Salmonella e altri enterobatteri. Le principali fonti di contaminazione in questo caso sono l’aria (soprattutto se gli impianti sono in ambienti urbani o periurbani), la presenza accidentale di piccoli animali, in particolare rettili, ed eventuali contaminazioni dei substrati o dell’acqua.
In Italia dal 1990 ad oggi abbiamo perso quasi il 20% di superficie agricola utilizzata (SAU) a causa della cessata coltivazione delle terre meno produttive oltre che dall’espansione delle aree urbanizzate. Ragionando per assurdo, se si ipotizzasse un futuro dove si utilizzerebbero prevalentemente serre idroponiche vertical farm, il terreno non utilizzato si impoverirebbe, con un conseguente aumento del dissesto idrogeologico che ben conosciamo in Italia.
Ultimo aspetto critico è il costo unitario dei prodotti coltivati idroponicamente (in particolare se bio) che è superiore al costo di quelli coltivati in campo. È evidente che per nutrire una popolazione mondiale in crescita occorre produrre e vendere a un prezzo accessibile e al momento siamo lontani da questo obiettivo.
Quali sono i rischi dell’idroponica per la biodiversità?
Nella coltivazione idroponica si tende a preferire la scelta di poche varietà di ortaggi selezionati, molto performanti e spesso ibridi. Se pensiamo che nel mondo esistono oltre 30.000 specie commestibili di piante terrestri e di queste soltanto 200 sono coltivate su larga scala, l’utilizzo delle serre verticali potrebbe contribuire ad un ulteriore impoverimento della biodiversità.
Qual è il sapore di frutta, ortaggi e verdura coltivata in idroponica?
Se chiedete ai produttori la risposta è: sono buonissime! Ricordiamo che il sapore delle verdure e dei frutti dipende dal gusto (equilibrio tra dolcezza, rapporto tra asprezza o acidità) e dall’aroma (composti volatili percepiti con l’olfatto). I minerali e gli acidi organici del terreno possono influenzare la percezione, cosi come le sostanze fenoliche. E’ evidente che la genetica della pianta da sola non basta, il rapporto tra tutte le sostanze dipende dalle condizioni climatiche in cui viene coltivata e da una serie di altri fattori che i francesi chiamano “terroir”. Il terroir definisce appunto l’interazione tra più fattori, come terreno, posizionamento, clima e genetica. Nella complessa composizione del gusto, anche a parità di caratteristiche del terreno, di temperatura e umidità, è sufficiente cambiare l’esposizione dell’impianto rispetto al sole o al mare a cambiare il sapore di frutta e ortaggi. Facile comprendere la differenza di sapore quando si confrontano le coltivazioni tradizionali, soprattutto in territori particolarmente vocati, e quelle delle serre idroponiche.
In conclusione, analizzando le grandi opportunità delle vertical farm non possiamo trascurare anche i rischi e quindi ci chiediamo se in Italia abbiamo realmente bisogno delle serre idroponiche, anche perché in tal caso dovremmo rinunciare alle indicazioni geografiche protette (DOP/IGP). In conclusione vi lasciamo con una domanda: nel nobile sforzo di salvare il pianeta non stiamo forse rischiando di distruggere quell'agricoltura che pian piano si sta orientando sulla tutela del suolo, del bioma e degli equilibri fragili dell'ambiente?"
L’agricoltura è il pilastro su cui si basano le nostre civiltà sedentarie. La storia ci ha dimostrato che se viene a mancare la fertilità del suolo anche le più potenti civiltà possono cadere. Alla base di una cultura duratura c’è una agricoltura sostenibile, cioè produttrice di cibo sano, abbondante e per sempre. E alla base di questa agricoltura troviamo il suolo. L’agricoltura naturale, per esser sostenibile, non si accontenta di non usare prodotti chimici, ma guarda oltre la certificazione biologica e instaura una simbiosi fra il suolo, le piante e tutte le forme di vita, incluso l’uomo.
Coltivare naturale vuoi dire creare ecosistemi vivi.
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